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 | Sono 
              qui per stupirmi…
 Con lo stupore si inizia ed anche con lo stupore si termina, e tuttavia 
              non è un cammino vano. Si ammira un muschio, un cristallo, 
              un fiore oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro 
              da gigante… ogni volta che riesco a vivere in sintonia con 
              un frammento di natura grazie all’occhio o ad un altro senso, 
              ogni volta che sono da esso attirato ed incantato, aprendomi per 
              un attimo, allora dimentico – in quello stesso istante – 
              tutto l’avido cieco mondo delle umane ristrettezze, ed invece 
              di pensare ad impartire ordini, invece di conquistare o di sfruttare, 
              di combattere o di organizzare, in quell’istante non faccio 
              altro che “stupirmi” e con questo stupore non solo divento 
              fratello di tutti i poeti, i saggi, ma anche fratello di tutto ciò 
              che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello 
              scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti perché lungo 
              il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione 
              ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura 
              dice all’altra “questo sei tu”.
 
 Antonio Presti
 
 
 |   
          |  Monumento 
              per un poeta morto, 1989 (part. prima del restauro)
      Monumento 
              per un poeta morto, 1989 (part. prima del restauro)
 | IL 
              VASCELLO FANTASMA  Un 
              tempo come un gagliardo veliero
 la prora fendendo
 marosi schiumanti di rabbia marina
 solcai tutti i mari
 Poi,
 nel fare ritorno verso le mie coste
 a poca distanza dalla riva
 la chiglia si arenò
 sopra di una secca
 Ogni giorno i flutti
 delle onde che lambiscono
 lo scafo, ormai immobile,
 lo corrodono lentamente
 con la salsedine che sopra vi s'incrosta
 Di notte l'alta marea mi sommerge
 e il giorno dopo
 riappare il veliero
 sempre più bianco e azzurrino
 da confondersi con il riverbero
 del sole
 e dalla riva nessuno lo scorge
 anche se io
 scorgo la riva
 con le figure che vi si agitan
 le imbarcazioni leggere
 che si distaccano da fragili pontili
 per gite brevi e predestinate
 quindi con un ritorno sicuro,
 anche se i schiocchi freschi e secchi
 delle vele appena issate
 lascerebbero supporre viaggi diversi
 con mete da fissare.......
 e così ogni giorno e ogni notte.......
 fino a quando una marea
 più insidiosa delle altre, buia e densa
 frantumerà il vascello
 che con uno scoppio lento e stupito
 calerà lentamente sul fondo
 spargendo
 i suoi frammenti
 fra le alghe e gli ossi di seppia
 e gli altri detriti marini
 che la corrente del mattino
 porterà lentamente a riva
 per depositarsi sulla ghiaia
 scintillante al sole
 del bagnasciuga
 
 Tano Festa
 
 |   
          |  
               Art 
                Hotel Atelier sul mare
    L'Hotel 
                visto dal mare
     Il 
                mare visto dall'Hotel
 
 | IL 
              VIAGGIO DI ULISSE 
 Siete arrivati. Il viaggio è qui, dentro l'albergo. Questa 
              volta il tour non inizia dal foyer verso le mete esterne, turistiche, 
              ma si snoda nelle sale, su e giù per le scale, dentro le 
              stanze in un crescendo dello stupore e delle meraviglie. È 
              "L'Atelier sul mare", a Castel di Tusa, alle spalle i 
              Nebrodi, davanti una piccola baia blu. Un albergo unico al mondo, 
              esclusivo.
 Nel senso che esclude alcuni generi umani: non entrano i dandy stagionati, 
              gli uomini marketing esenti da passioni, donne in carriera inaridite. 
              È luogo degli outsider, degli artisti, dei poeti, di chi 
              cede alle tentazioni. Sarebbe piaciuto a Bruce Chatwin, a Ugo Pratt. 
              In questo museo d'arte contemporanea sono venuti in pellegrinaggio 
              e hanno girato film e video: Raul Ruiz, Schroeder, Teo Eshetu, Memé 
              Perlini, e anche un piccolo gioiello tv di Aldo Vergine. L'idea 
              di Antonio Presti (il mecenate siciliano che ha realizzato Fiumara 
              d'arte, il parco di sculture monumentali più vasto d'Europa) 
              risale a circa 17 anni fa ed è questa: realizzare un luogo 
              dove la gente, l'ospite, può "abitare" dentro l'opera 
              d'arte, un po' come dormire nel letto sghembo di Van Gogh o affacciarsi 
              a una finestra di Magritte. Allora andiamo a vedere queste stanze 
              costruite da artisti: a giocare con la risacca virtuale di Fabrizio 
              Plessi, dove il letto è una zattera e sei schermi ti inondano 
              di spruzzi elettronici, entriamo nell'isola celeste di Canzoneri 
              "Linea d'ombra" per un bagno nel mare al secondo piano. 
              Ci si può rincorrere nei colori di Pietro Dorazio e Graziano 
              Marini, immersi nella luce cangiante; leggere tutti gli alfabeti 
              del mondo nella caverna tutta scritta da Renato Curcio e Agostino 
              Ferrari. Vivere una notte nella stanza Yemenita di Pier Paolo Pasolini, 
              col muro di terra e paglia, inventata da Antonio Presti, Dario Bellezza 
              e Adele Cambria, dove il letto ricorda la deposizione di Cristo 
              del Mantegna e il bagno è un gioco acquatico. Poi, rifugiarsi 
              nel bianco assoluto e planare del "Nido" di Paolo Icaro, 
              su un letto irreale, immenso, a galla sul mare, e in una notte trasformarsi 
              in vittima felice o malizioso carnefice. Ecco la cella mistica di 
              Nagasawa, "Mistero per la luna", solo candele, senza luce, 
              ma con vista interiore.
 E gli spazi tagliati da Mauro Staccioli, dietro la porta-macigno 
              di Alì Babà, le reti dorate di Maria Lai: "Su 
              barca di carta m'imbarco", oltre le colonne d'Ercole, per una 
              sfida contro la banalità. Ultime realizzazioni, inaugurate 
              per i 25 anni della Fiumara d'Arte, la "Stanza dei portatori 
              d'acqua" di madame Danielle Mitterrand, Antonio Presti, Agnese 
              Purgatorio e Cristina Bertelli, "Lunaria - contrada senza nome" 
              di Vincenzo Consolo, Ute Pyka e Umberto Leone e infine lo splendido 
              hammam mediorentale di Sislej Xhafa.
 Siete tra quelli che sprofondano in un riservato silenzio appena 
              entrati in ascensore? Bene, qui non sarà possibile, perché 
              per prenotare il vostro piano sarà necessario cantare. È 
              l'ultimo progetto e desiderio di Antonio Presti: affidare ad un 
              artista un lavoro per l'ascensore dell'albergo dove grazie a un 
              complicato gioco elettronico, solo chi intonerà un canto 
              potrà arrivare a destinazione. L'Atelier sul mare sarà 
              l'unico posto al mondo dove la gente per entrare e per uscire dovrà 
              solo cantare. Dice Presti: "Ricordati: chi canta prega due 
              volte". Altra banalità da sconfiggere: l'armadio in 
              camera. Se pensate di appendere i vostri abiti in un comodo armadio 
              avete sbagliato albergo, nelle stanze d'arte non esistono appendiabiti, 
              mensole e comodini. Non cercate il televisore in camera, né 
              tappeti d'oriente, né cartoline, qui non si compra e non 
              si vende: si contempla. Il cielo, per esempio, nella stanza più 
              ambita: la "Torre" di Ruiz dove il soffitto si spalanca 
              sul letto nelle notti di plenilunio. E inoltre, gli ospiti potranno 
              realizzare le loro personali creazioni in terracotta partecipando 
              al corso di ceramica nel laboratorio all'interno dell'albergo. Chi 
              entra non è perduto, si trova in un luogo che trasforma tutti 
              in Ulisse. Non sarà una vacanza tradizionale, ma se supererete 
              l'ostacolo, voi stessi, troverete un'altra dimensione, proprio come 
              Alice, al di là dello specchio. Questo è il sogno 
              dell'arte, che pochi uomini scelgono come disciplina di questa vita 
              terrena e a Castel di Tusa "Fiumara d'Arte", c'è 
              un uomo che tutto questo l'ha fatto non solo per sé, ma per 
              il sogno collettivo. Tutto questo nasce dalla "Devozione alla 
              bellezza"
 
 Andreina 
              De Tomassi  |   
          |  
               12 
                ottobre 1986
 La materia poteva non esserci
  24 
                giugno 1989
 Monumento per un poeta morto
  24 
                giugno 1989 Energia Mediterranea
  24 
                giugno 1989
 Labirinto di Arianna
  24 
                giugno 1989 Arethusa
  25 
                giugno 1989 sequestro di
 Stanza di Barca d'Oro
  1990 
                -  Muro della vita
   | PARCO 
              FIUMARA D'ARTE La 
              Fiumara di Tusa è il letto di un antico fiume che un tempo 
              lontano scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino 
              all'antica Halesa, un fiume secco e solo d'inverno a carattere 
              torrentizio. L'idea di "Fiumara d'Arte' nasce nel 1982 quando, 
              gravato di responsabilità e scosso dalla perdita del padre, 
              Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, pensa 
              di dedicare un monumento alla memoria del padre e si rivolge alto 
              scultore Pietro Consagra. Immagina 
              fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele 
              del proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività, 
              e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta 
              presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già 
              immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il linguaggio 
              contemporaneo all'aspra bellezza dei luoghi. L'inaugurazione della 
              scultura di Consagra, il 12 ottobre 1986, coincide con l'annuncio 
              del museo a cielo aperto, tra il consenso dei sindaci del comprensorio. 
              Per cautela però, il sindaco di Tusa invia, su segnalazione 
              della Soprintendenza di Messina un'ordinanza di sospensione dei 
              lavori. Intanto Presti ha già contattato un altro scultore, 
              Paolo Schiavocampo, al quale commissiona 
              una scultura da porre al bivio tra la strada che porta a Castel 
              di Lucio e una vecchia strada di campagna, e la allega come arredo 
              urbano, da lui finanziato, al progetto di rifacimento stradale di 
              cui è incaricata la sua impresa. E ha coinvolto anche il 
              pittore Tano Festa, di cui scopre, 
              durante una visita al suo laboratorio a Roma, il bozzetto di Monumento 
              per un poeta morto, dedicato al fratello Francesco Lo Savio, che 
              decide di realizzare in dimensioni monumentali sul lungomare di 
              Margi, tra l'entusiasmo dell'artista già sofferente e il 
              consenso del Comune di Reitano, che autorizza con una delibera la 
              costruzione per l'alta fama dell'artista e la valorizzazione del 
              territorio con un'opera interamente a spese del proponente.L'opera di Schiavocampo, dal titolo suggestivo Una 
              curva gettata alle spalle del tempo, viene 
              inaugurata il 30 gennaio 1988, in concomitanza con un concorso di 
              scultura riservato ad artisti sotto i quarant'anni, bandito da Presti 
              e per il quale ha raccolto una giuria internazionale. Tra i 55 bozzetti 
              arrivati, vengono prescelti quelli di Antonio 
              Di Palma e quello di Italo Lanfredini. 
              L'opera di Festa, ribattezzata dalla gente Finestra 
              sul mare, si inaugura invece il 24 giugno del 
              1989, dopo la morte dell'artista l'anno precedente, insieme alle 
              opere Stanza di barca d'oro 
              di Hidetoshi Nagasawa sul torrente 
              Romei, Energia mediterranea 
              di Antonio Di Palma e Labirinto di Arianna di Italo Lanfredini. 
              Sempre nel 1989 viene completata anche Arethusa, 
              la coloratissima decorazione in ceramica della caserma dei carabinieri 
              di Castel di Lucio realizzata da Piero Dorazio 
              e Graziano Marini.
 Il 
              battesimo del progetto complessivo della Fiumara d'arte coincide 
              però paradossalmente con il suo arresto. Stanza di barca 
              d'oro viene messa sotto sequestro durante l'inaugurazione. Lo stesso 
              giorno viene notificato anche un provvedimento contro Finestra sul 
              mare, per occupazione di demanio marittimo e abusivismo edilizio. 
              Contro le opere della Fiumara vengono avviati cinque procedimenti 
              giudiziari e ha inizio l'intricata vicenda processuale che ne
 blocca di fatto il completamento, che prevedeva anche la realizzazione 
              di opere di grandi maestri come lo spagnolo Edoardo 
              Chillida, Fausto Melotti e Arnaldo 
              Pomodoro. I sindaci si tirano indietro e Presti viene lasciato 
              solo di fronte alla giustizia, anche se al suo fianco si schiera 
              la stampa e il mondo dell'arte. Parte anche un'interrogazione parlamentare, 
              firmata da Bruno Zevi, Giuseppe Calderini, Massimo Teodori, e Francesco 
              Rutelli, che chiedono al Ministro dei Beni Culturali e Ambientali 
              di "intervenire con la massima urgenza per fare cessare lo 
              scempio e la persecuzione delle autorità locali nei confronti 
              dell'iniziativa di Antonio Presti che ha costituito attorno alla 
              Fiumara di Tusa un nuovo ed eccezionale comprensorio artistico, 
              culturale e paesistico di rilievo internazionale".
 Il 2 luglio del 1990 però, Giuseppe Costa, pretore di Santo 
              Stefano di Camastra, condanna Presti alla demolizione dell'opera 
              di Consagra, a quindici giorni di reclusione e a 23 milioni di multa 
              per avere alterato il territorio, per abusivismo edilizio e per 
              avere violato la legge Galasso, di cui la sentenza dà un'interpretazione 
              restrittiva. La scultura comunque non sarà demolita, perché 
              Presti si appella e al momento della sentenza di appello della Corte 
              di Messina il reato è caduto in prescrizione. Intanto però 
              interviene sulla questione l'Assessore regionale ai Beni Cutturati 
              Turi lombardo, che fa un soprattuogo e convoca li 21 luglio una 
              riunione di amministratori Locati a Santo Stefano di Camastra dichiarando 
              di volere raccogliere la positiva sfida di Presti cercando una soluzione 
              compatibile con la legislazione vigente per salvare te opere. Lombardo 
              nomina una commissione per studiare il modo in cui definire la Fiumara 
              un momento istituzionale della Regione per la promozione dell'arte, 
              e promette di varare rapidamente un D.D.L. regionale. Si profila 
              dunque un contrasto tra amministratori e giudici, e il nocciolo 
              della questione da giuridico si fa sempre più politico, mentre 
              si conviene ufficialmente che le opere della Fiumara non deturpano, 
              ma semmai "sanano" lo scempio del paesaggio operato nei 
              decenni precedenti, nonostante il parere contrario della Soprintendenza 
              di Messina, arroccata nella sua ostilità. Il 10 ottobre 1990 
              il pretore di Mistretta, Nicolò Fazio, assolve Presti per 
              Stanza di Barca d'oro con una interessante sentenza: "il fatto 
              non costituisce reato, in quanto la stanza nascosta nell'argine 
              non altera lo stato dei luoghi inteso come identità; è 
              escluso il danno alle bellezze paesistiche essendo il concetto di 
              bellezza un dato metafisico difficilmente definibile; non è 
              applicabile la legge Galasso in quanto la Fiumara d'arte "si 
              propone la qualificazione artistica e non già la trasformazione 
              urbanistico-edilizia detto scabro comprensorio dei Nebrodi". 
              Ma la Procura di Messina ricorre in appello, unificando successivamente 
              i vari procedimenti in atto contro
 Fiumara. Intanto Presti inaugura nel 1991 l'Atelier 
              sul mare, un albergo a Castel di Tusa, affidando 
              a vari artisti la realizzazione delle camere. L'albergo diventa 
              presto un singolare museo abitabile, luogo di partenza per le escursioni 
              nella Fiumara, residenza di giovani artisti stranieri, spazio espositivo. 
              La storia di questo albergo affascinante dove ogni opera d'arte 
              diventa la propria temporanea dimora, si collega dunque allo straordinario 
              percorso detta Fiumara costituendo una sorta di romitaggio dei pettegrini 
              dell'arte. La vicenda processuale non lascia tregua, e se all'inizio 
              di ottobre 1993 Presti invita quaranta artisti ceramisti provenienti 
              da tutta Europa a realizzare un'opera collettiva sul muro di contenimento 
              di una delle strade della Fiumara, che diventa così Il Muro 
              della vita, è del 25 ottobre 1993 la 
              dura sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Messina. Arriva 
              l'ordine di demolizione della Finestra sul mare considerata edifìcio 
              abusivo alla pari delle 15.000 costruzioni senza licenza che invece 
              una legge regionale votata in quei giorni dal governo Campione, 
              ma poi bloccata dal TAR, stava per salvare. Presti viene condannato 
              anche per Una curva alle spalle 
              del tempo, in tutto 15 giorni di arresto, 15 
              milioni di lire di ammenda e 30 milioni di multa. I procedimenti 
              contro le altre tre opere, Stanza di Barca d'oro, Energia mediterranea, 
              Labirinto di Arianna, vengono invece dichiarati estinti per avvenuta 
              prescrizione. E' il momento di una seconda ondata di mobilitazione 
              generale e subito a Roma un gruppo di artisti e intellettuali sollecita 
              l'intervento del ministro dei Beni Culturali Alberto Ronchey, mentre 
              una petizione firmata da 60 nomi della cultura italiana esorta il 
              governo regionale ad agire per evitare la demolizione. Del resto 
              una soluzione a portata di mano c'è: secondo la nuova Legge 
              regionale sull'abusivismo edilizio, la demolizione può essere 
              evitata qualora il Comune dichiari l'esistenza di prevalenti interessi 
              pubblici, che nel caso dell'opera di Festa sono peraltro evidenti. 
              Ma il Comune latita, e intanto il gruppo consiliare del PDS all'Assemblea 
              Regionale predispone un disegno di legge per la Fiumara. A metà 
              novembre un documento firmato stavolta da 3000 esponenti della cultura 
              e dall'opinione pubblica induce l'Assessore regionale ai Beni Culturali 
              e Ambientati Saraceno a convocare una riunione che sembra preludere 
              all'investitura ufficiale del governo nella vicenda della Fiumara. 
              Il 23 febbraio del 1994 la Corte di Cassazione chiude ta vicenda 
              annullando l'ordine di demolizione, i provvedimenti della Corte 
              d'Appello e le richieste della Procura di Messina. All'albergo-museo 
              si festeggia con l'apertura di otto nuove stanze d'artista. La Fiumara 
              è salva. Salva? Né la Regione, né la Provincia, 
              né i Comuni prendono atto della sua esistenza. Nessuno accetta 
              il dono e si fa carico della sua tutela. Nessuno ha saputo o voluto 
              sfruttare l'enorme potenziate turistico, e quindi economico, che 
              essa propone in una zona peraltro tagliata fuori dai percorsi consueti, 
              ma vicina alta turistica Cefalù. Nessuno t'ha adottata, lasciandola 
              orfana e in balia del degrado.
 Non importa: ben visibili eppure clandestine, le opere detta Fiumara 
              restano la meta privilegiata di un percorso iniziatico. Presti sempre 
              più isolato, vittima di attacchi mafiosi, decide di trasferirsi 
              a Catania per continuare ìl suo impegno civile per il quartiere 
              di Librino e a Palermo per il fiume Oreto. Nel 2005, quando si rende 
              conto che tutto il patrimonio artistico si sta deteriorando e la 
              manutenzione delle opere è indispensabile, il 22 aprile, 
              decide di opporre un rifiuto a questo rifiuto 
              detto Stato e chiude con un enorme telo blu la Finestra sul mare 
              scrivendo in tutte te lingue la parola "chiuso". Con questo 
              gesto simbolico Presti decide di ribaltare le posizioni: sottrarre 
              l'opera alto sguardo del pubblico è un gesto di grande forza 
              per affermare l'esistenza della scultura come pensiero, anche a 
              prescindere dalla materia. Questa volta è Pesti a denunciare 
              tutti i sindaci e la Regione Siciliana per incolumità civile. 
              Interviene all'appello il presidente della Repubblica Carlo Azeglio 
              Ciampi e finalmente, il 6 gennaio del 2006, dopo 25 anni di battaglie, 
              viene riconosciuto il Parco di Fiumara d'arte, aiutato dal Governo 
              regionale che ha approvato l'istituzione del percorso turistico 
              culturale di Fiumara d'Arte (Legge Regionale 6106 dal titolo "Valorizzazione 
              turistica-Fruizione e conservazione opera di Fiumara d'Arte" 
              a firma dell'On.te Nino Beninati e dell'On.le Salvo Fleres). La 
              parola "fine" di questa vicenda, sigilla non solo l'impegno 
              di una vita ma afferma soprattutto una vittoria "politica" 
              dell'arte, una vittoria della forza dell'esistenza.
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 | FIUMARA 
            D'ARTE SBARCA A CATANIA 
 LA RINASCITA
 «Ogni 
              apparire è imperfetto - direbbe Greimas - esso nasconde l'essere....».E quell'imperfezione è un trampolino, un viadotto, una strada 
              che dall'insignificanza porta al senso. Si è concluso con 
              una grande festa, dopo undici lunghi anni, quel viaggio negato e 
              immaginario, quella ricerca del senso , appunto, che non a caso 
              aveva scelto come simbolo una barca che partì dalle viscere, 
              dal cuore della terra del Mito, dall'Isola di viaggiatori per antonomasia, 
              manifestando, appieno, la forza e il significato del silenzio, e 
              dell'attesa.
 A simboleggiare l'eternità dell'idea e dell'arte, a sottolineare 
              il potere della pazienza e la sapiente scelta ciclica del non essere, 
              Hidetochi Nagasawa e il suo «Trovatore», Antonio Presti, 
              per rinascere e rendere compiuta quell'opera fermata dai paradossi 
              della burocrazia e delle regole, hanno scelto il laghetto dei Mercati 
              Generali, a Catania.
 Da 
              contrada Romei, dunque, a Mistretta dopo aver posto i sigilli alla 
              sotterranea Stanza di barca d'oro, 
              l'opera d'arte più volte processata per abuso, è stata 
              finalmente assolta. Ha compiuto il suo ciclo, ed è approdata 
              ad un gruppo scelto di vip e cultori dell'arte sottolineando il 
              riscatto, la metafora orientale del viaggio sull'acqua e la sua 
              massima sull'esistenza invisibile, il limite tra apparire ed essere, 
              tra interiori ed esteriore.
 Sabato 17 giugno 2000 a Catania. E' affiorata nella notte, 
              trasformandosi nelle 49 barche luminose 
              divenendo multipla e rendendosi manifesta a tutti con sette grandi 
              canoe dorate, (il 7 è un numero sacro), che, a loro volta 
              dentro il loro ventre, ne contengono ciascuna altre sette. 49, in 
              tutto, è cioè rinascita, secondo l'antica cabala. 
              Si è svolto così l'attesissimo happening catanese, 
              in un'ambiente incensato, ricco di stimoli sensoriali, in mezzo 
              agli aranci, ai gelsomini e ai fichi d'India, a lume di candela, 
              sul ritmo di tamburi di Jean Jeaques Lemetre, del Theatre du Soleil. 
              In un'atmosfera zen, essenziale e mistica, al tramonto, si sono 
              ritrovati decine di critici d'arte e giornalisti, intellettuali 
              e artisti provenienti da tutto il mondo. Per celebrare l'approdo, 
              la rinascita appunto, e la definitiva conclusione dell'esperienza 
              di Fiumara d'Arte, a Castel di Tusa, da parte di Presti e del giapponese 
              Nagasawa.
 QUARANTANOVE 
              BARCHE SOSPESE TRA LA MEMORIA E LA LUCE Nell'intervista 
              di Daniela Ferraria, il maestro Hidetochi Nagasawa illustra la rinoscita 
              della Stanza di Barca d'Oro ai Mercati Generali di Catania.Dopo più di 10 anni, si chiude la "Stanza di Barca 
              d'oro", un'opera rimasta incompleta, mancava un ultimo gesto 
              finale?
 L'Opera doveva essere chiusa dopo essere stata vista, questa era 
              l'idea iniziale. Ora si può compiere finalmente questo gesto 
              che è rimasto sospeso per molti anni.
 Con questo viaggio simbolico da Tusa a Catania, accompagni Antonio 
              nel suo spostamento?
 Dopo la chiusura, quest'opera ha un suo percorso, un viaggio autonomo. 
              La nuova opera che realizzerò avrà una sua diversa 
              vita.
 Il viaggio è un elemento molto importante della tua vita?
 Ci sono tre tipi di viaggi diversi: uno comprende un'idea di spostamento 
              di luogo, come nel significato generale viene inteso. Il secondo 
              può essere la vita stessa che è un viaggio. Il terzo 
              è la ricerca di un'idea ed è questo per me il viaggio 
              più importante, non c'è un percorso stabilito e molto 
              stimolante, ma è pericoloso perchè non sappiamo partendo 
              dove stiamo andando e se poossiamo tornare. Le tre idee di viaggio 
              possono essere vissute anche contemporaneamente.
 Questo nuovo lavoro avrà come soggetto sempre il tema della 
              barca, dall'invisibile al visibile, ora le barche riprenderanno 
              la loro funzione e galleggeranno sull'acqua.
 La barca è una metafora, quando io realizzo un'opera con 
              un materiale, la parte più importante è quella che 
              non si vede.
 Ritroviamo 
              la tua poetica, ancora un miracolo di equilibrio, un'idea di tensione 
              e di precarietà, ancora il tema della percezione dei sensi?
 Ogni fenomeno dell'universo nasce come un'onda di interferenza tra 
              il tempo presente ed il tempo passato, oppure il tempo presente 
              ed il tempo futuro. Cioè un flusso che influenza anche a 
              ritroso il presente che può influenzare il passato. Vorrei 
              dire che non c'è il tempo.
 La luce generata all'interno stesso delle barche oltre a rendere 
              possibile la visione ha un significato simbolico?
 L'acqua continua la memoria, l'olio e l'aria creano la luce. Quarantanove 
              barche sono in equilibrio all'interno delle sette barche grandi 
              che si muovono sulla superficie del lago. Spero che queste barche 
              vivano e fluttuino rimanendo nella vostra mente. Chiedo forse troppo?
 Hai già pensato ad un titolo per questa nuova opera?
 Sto pensandoci, verrà il nome quando l'opera avrà 
              preso corpo, anche ad un bambino si da il nome quando è.
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          |  | Casa 
              dolce casa  
 Intervista a Paola Nicita
 
 
 La casa rappresenta lo spazio privato invalicabile, il grembo di 
              mattoni e cemento nel quale ciascuno cerca rifugio e protezione. 
              Non solo è l’immagine concreta dell’accoglienza 
              e l'intimo deposito in cui posizionare e sovrapporre oggetti e ricordi, 
              ma essa costituisce anche la rappresentazione simbolica della propria 
              identità psichica e sociale. É cioè uno spazio 
              destinato ad interagire con la "persona" -intesa nel duplice 
              significato di individuo e di maschera sociale- e con la sua storia, 
              e che, sebbene nasca in funzione di necessità abitative, 
              tende a travalicare scopi ed esigenze contingenti, originando complesse 
              relazioni tra soggetto, spazio e memoria.
 La casa costituisce quindi la dimensione privilegiata per svolgere 
              una riflessione sul nostro rapporto con il luogo e i significati 
              che ad esso siamo soliti attribuire.
 In una realtà sociale contemporanea in cui la tipologia del 
              'non-luogo' -con il suo seguito di sperdimento e spersonalizzazione- 
              sembra conquistare anche l'ambito domestico, si impone la necessità 
              di ri-costruire e ri-scoprire una dimensione originaria dei luoghi, 
              anche operando dei salutari mutamenti di prospettiva, mettendo in 
              gioco funzioni e funzionalità.
 Stesicorea, la casa dove ogni singola stanza, ispirata ad una poesia, 
              è realizzata da un artista (ma alcune anche in coppia o in 
              gruppo) rappresenta quindi la problematizzazione del rapporto tra 
              arte e luogo, che si attua mediante la presa di coscienza del possibile 
              ribaltamento causato dal passaggio dalla dimensione privata a quella 
              pubblica.
 L’arte è la presenza che ha consentito questo capovolgimento, 
              consegnando idealmente le chiavi di casa al pubblico, aprendo le 
              porte a visitatori sconosciuti, e porgendo il benvenuto con il calore 
              di una intimità rivisitata nel segno della creatività, 
              che qui si trasforma in possibilità di scoperta e conoscenza. 
              E’ come se, improvvisamente, all’interno degli spazi 
              della casa, si specchiasse l’antico teatro greco che si trova 
              proprio di fronte ad essa, trasferendo nel chiuso dell’appartamento 
              l’idea corale di incontro, sia tra la gente del pubblico, 
              che tra spettatori e attori, che è propria della scena. Non 
              è un caso, dunque, che gli artisti si siano ispirati ad una 
              poesia per le loro opere: la parola, vivificatrice, torna a riecheggiare 
              in luoghi già conosciuti, risvegliandoli e intrecciando legami 
              senza tempo, che conducono tra l'altro a riscoprire una dimensione 
              della socialità e della condivisione di valori anche estetici.
 La casa fagocita lo spazio circostante, ne risucchia icone e simulacri 
              cittadini, del presente come del passato, instaurando un continuo 
              dialogo tra 'interno' ed 'esterno', tra ‘pubblico’ e 
              ‘privato’.
 E questo si presenta del tutto in linea con una tendenza molto evidente 
              dell'arte contemporanea degli ultimi decenni per la quale lavorare 
              all’interno di un ambiente chiuso, trasformandolo, risulta 
              essere una forte esigenza espressiva. Lo spazio non è più, 
              quindi, il luogo finalizzato esclusivamente alla fruizione dell'arte, 
              ma esso stesso si propone quale fondamentale elemento semantico.
 Il modo tradizionale di rapportarsi all'opera d'arte si è 
              così modificato, affrancandosi dalla ‘frontalità’ 
              che per secoli l'aveva soggiogato, svelando, accanto a inedite possibilità 
              espressive, una nuova dimensione emotiva.
 Non è quindi un caso che il tema della casa costituisca uno 
              degli argomenti centrali della riflessione dell'arte contemporanea, 
              e non tanto per il dato architettonico in sé, ma soprattutto 
              per il suo essere contesto paradigmatico dell'interazione tra individuo 
              e società, tra spazio vitale e dimensione psichica. Tra i 
              casi più eclatanti pensiamo ad esempio a Guillame Bijl, artista 
              belga che in una grande sala del museo di Gent ha trasportato una 
              povera abitazione contadina a dimensione reale, perfettamente arredata, 
              nella quale l'osservatore può entrare visitando ogni stanza, 
              con la sensazione colpevole di violare indebitamente l'intimità 
              di qualcuno che si è allontanato da poco. Umili oggetti e 
              odori casalinghi sono indizi evidenti di una presenza umana -in 
              realtà solo apparente- e ciò trasmette una sensazione 
              di estraniamento, che porta alla presa di coscienza del carico di 
              simbolismi che leghiamo alla casa e che spesso la reiterazione dell'esperienza 
              quotidiana personale tende inevitabilmente a sottacere. Molto scompiglio 
              ha causato inoltre a Londra il lavoro dell'artista Tracey Emin, 
              che ha ricontestualizzato in una sala destinata all'esposizione 
              pubblica, la propria stanza da letto, nel più totale disordine 
              e con elementi strettamente personali, creando così scandalo 
              con un'operazione di pubblicità degli aspetti più 
              scabrosi della propria intimità domestica. "House" 
              è invece il titolo della grande scultura di Rachel Witheread, 
              calco in gesso a dimensione reale degli spazi interni di una casa 
              di tre piani, poi abbatuta durante una clamorosa performance.
 Ma Stesicorea si presenta, nella sua sperimentalità, come 
              un progetto dai connotati totalmente diversi. Non è certamente 
              lo scandalo la scintilla che la anima, ma piuttosto l'idea di trovare 
              nuove impostazioni a rapporti ormai sfibrati tra spazio e individuo, 
              tra cose e valori.
 Ricostruire un luogo, come hanno fatto questi artisti, significa 
              certamente agire materialmente sullo spazio, ma soprattutto modificare 
              radicalmente e in modo profondo la stessa relazione tra arte e società, 
              e gli schemi ormai frusti sulla base dei quali si svolge la fruizione 
              dell'opera creativa stessa. Offrire la propria casa all'arte e offrire 
              arte nella propria casa, al pubblico indistinto, presuppone l'adesione 
              ad una concezione dell'arte come etica della condivisione di valori 
              sociali oltre che estetici. L'opera d'arte non è contenuta 
              nella casa, e come tale esposta ai visitatori, ma è la casa 
              stessa, nei suoi spazi interni, con i suoi contenuti, ad essere 
              opera d'arte, e la visita incessante del pubblico che si reca in 
              una casa privata a fruire dell'arte, non fa che contribuire a sottolineare 
              la forza e la pregnanza dell'alterazione ormai compiuta su certi 
              schemi precostituiti e ormai superati. Anche sul piano della metodologia 
              della realizzazione di Stesicorea, emerge la peculiarità 
              di una idea della progettualità caratterizzata da un modificato 
              assetto consequenziale, per cui l’idea progettuale non nasce 
              più dal susseguirsi di eventi posti in successione, l’uno 
              prima o dopo l’altro, ma secondo un tempo nuovo, dove i frammenti 
              sono legati e al contempo autonomi, e procedono l’uno accanto 
              all’altro, parallelamente, piuttosto che consequenzialmente. 
              Le stanze degli artisti (Gianfranco Anastasio, Davide Bramante, 
              Andrea Buglisi, Rocco Carlisi, Giulia Di Natale e Claudio Montaudo, 
              Giovanni Lo Verso, Lidia Rizzo, Enzo Rovella, Enrico Salemi, Giovanni 
              Tuccio, e il gruppo costituito da Antonio Presti, Maria Attanasio, 
              Gianfranco Molino e Gianna La Rosa), parlano al pubblico con linguaggi 
              differenti e si presentano come visioni molteplici.
 Pur nella contiguità, le stanze sono l’una indipendente 
              dall’altra, e ciascuna, allo stesso tempo, è parte 
              fondamentale di un progetto aperto e mutevole.
 Queste stanze verranno distrutte ad un anno dall’inaugurazione 
              della casa, così come del resto è già avvenuto 
              per altre stanze d'artista, una prima volta. I lavori verranno fotografati 
              e filmati, ma poi sarà proprio la stratificazione di questo 
              archivio documentale in progress a creare una ulteriore opera, una 
              casa immaginaria dalle opere ormai scomparse, eppure -si potrà 
              poi dire “un tempo”- visibili ed esistenti, la cui percezione 
              sarà affidata solo al ricordo.
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