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Ritratto di Paty Cavallotti, 1973

VANNETTA CAVALLOTTI

Nasce a Palermo da madre piemontese e padre palermitano; trascorre la sua infanzia e giovinezza a Torino dove, in collegio, compie gli studi classici. L'assidua frequentazione dello zio Lucio Ridenti, prestigioso critico teatrale, direttore della rivista "Il Dramma" e collezionista, le svela un mondo colto e appassionante popolato da attori, drammaturghi e arricchito da spettacoli teatrali, visite a musei e a gallerie d'arte.Nel 1973 la morte dello zio Lucio Ridenti sarà l'evento emozionale e doloroso che la spinge alla realizzazione, da autodidatta, della sua prima scultura: una copia del busto dello zio eseguito anni prima dallo scultore Umberto Mastroianni; seguono poi la modellazione dei ritratti delle figlie Rachele, Irma e del figlio Pietro.
Lo studio del pittore surrealista Raffaele Ponte Corvo a Torino, diventa il luogo della formazione artistica, della discussione sul fare arte e del confronto con l'opera di altri giovani pittori.
Nelle prime mostre a Palazzo Cuttica (Alessandria,1976) con la presentazione di Mario Contini e alla Galleria "Viotti" (Torino,1977) con la presentazione di Mario Molinari, vengono esposti gli Acefali: acquerelli che rappresentano, con un segno grafico di ascendenza liberty e con un colore giocato sugli accordi armonici, una dimensione surreale, dove corpi acefali intrecciano le loro membra in assoluto equilibrio compositivo. Siamo di fronte ad uno spazio atmosferico-esistenziale, non naturalistico, dove il segno, la scelta cromatica e la composizione, esprimono tutta la risonanza psichica e istintuale dell'autrice.
L'immensa produzione degli Autoritratti evidenzia un linguaggio ricco, articolato e autonomo, capace di rinnovare drasticamente il genere del ritratto che diventa, oltre alla semplice trascrizione dei tratti somatici, il luogo complesso della rappresentazione del vissuto. Esposti alla Galleria "Penelope" (Asti, 1979) con testo di Valerio Miroglio, denominati "I Reliquiari della memoria" da Carlo Munari nella mostra alla Galleria "Valentini" (Milano, 1980), alla "Art Gallery" (Milano,1982) e ancora, presentati da Tatjana Wolf alla Galleria "Labirint" (Lubiana,1982), queste opere polimateriche, hanno la dimensione del palcoscenico della vita, dove il ritratto dell'infanzia, a volte disegnato a volte recuperato dal medium fotografico, è il segno persistente di un'emozione che attraversa il tempo fino a raggiungerci. Le teche, le cornici o i frammenti di mobilio, recuperati dal mercatino dell'usato mai in modo casuale, ma per misteriose assonanze, contengono parti disegnate e dipinte, fotografie, sculture in resina poliestere.
Come spesso accade negli autoritratti contemporanei, in quelli eseguiti dopo il 1983 scompare l'enunciato e in cambio la visualizzazione dei processi mentali è definita dalla citazione colta. Il ready-made dell'iconografia museale, è funzionale alla costruzione dell'opera, è un prelievo per similitudine emozionale e ha tutta l'ironia e la consapevolezza della citazione, che diventa il tratto caratteristico degli Autoritratti eseguiti fino al 1988 ed esposti ormai in molte Gallerie italiane ed europee.
Contemporanea agli Autoritratti è la produzione delle Sculture, formate da brani anatomici assemblati in modo straniante ad oggetti di uso comune. L'uso dei materiali industriali, come il polistirolo o il poliuretano espanso e la resina poliestere, le permettono di simulare materiali antichi e di umanizzare quelli tecnologici, comprendendo nell'opera anche la crepa come segno evidente di un medium che vive e che invecchia come il nostro corpo.
L'Annunciazione
, esposta per la prima volta alla Galleria "Schubert" (Milano,1985) con la recensione critica di Marisa Vescovo e presentata da Enrico Crispolti alla Galleria "La Bussola" (Torino,1985) è un'opera che, come nel linguaggio teatrale, si sviluppa nel tempo.
Scena Prima - L'Angelus e la Vergine: una sedia vuota, ma che nella depressione del cuscino porta il segno di un corpo che prima la occupava, ci volta le spalle, rendendoci spettatori della sua relazione con l'Angelus. È la depressione del cuscino, il libro abbandonato a terra che ci racconta dell'esistenza della Vergine assente.
Scena Seconda -L'Accadimento: sopra una piattaforma quadrettata, ciò che sembra il sopravvissuto ad una esplosione emotiva, ci trasmette nella rigidezza angosciata delle membra, una situazione di paralisi esistenziale, il vuoto buio, il silenzio assoluto di un grande dolore.
Scena Terza - L'Evento: la stessa sedia muta della Scena Prima sorregge in un impossibile equilibrio due mani allacciate, un frammento di corpo rassegnato, vinto, ripiegato su se stesso.


L'Annunciazione, 1985
Gli Zoomorfismi sono sculture di piccole dimensioni in ceramica e resina poliestere realizzate presso la manifattura Giuseppe Mazzotti di Albissola nel 1987. Sono poi state esposte nello stesso anno alla Galleria "Pirra" (Torino), alla Galleria "Schubert" (Milano) a cura di Marco Lorandi e a Palazzo Grassi (Venezia) in occasione della mostra storica sui Fenici. Gli accostamenti spiazzati e buffi di animali e strutture architettoniche recuperano l'iconografia egizia, fenicia e micenea e il loro piccolo formato ci permette di utilizzarli anche come oggetti per l'arredamento.
Nel 1984, 1985 e 1988 seguono mostre sul tema Arte o Design promosse dalla Galleria "Schubert" di Milano dove vengono esposte sculture funzionali all'ambiente.
Contemporanea alla produzione di sculture, continua quella degli Autoritratti polimaterici dove, alla citazione colta degli anni Ottanta, si affianca ora la citazione del proprio lavoro. Le immagini delle sculture realizzate popolano ora gli Autoritratti. L'autocitazione ironica crea un'eco e, come un baluginio di luci, rimbalza dalla scultura nella pittura. Queste opere sono state presentate da Tatjana Wolf alla Galleria "Kaptol" (Zagabria, 1989) e alla Galleria "Likovno razstavisce Rihard Jacopic" (Lubiana, 1989) e, l'anno seguente, al Museo Civico di Rovigno.

Lo Stallo si presenta come una partita dal vero giocata su una scacchiera di 320 x 320 cm. I pezzi, alcuni costruiti con i calchi del corpo dell'artista, si fronteggiano in un momento di sospensione. Non c'è possibilità di azione; non ci sarà un vincitore. Questa scultura plurima ha un grosso impatto visivo anche per le grandi dimensioni ed è stata presentata al Laboratorio artistico "Immaginazione" di Pantigliate (Milano,1987) da Marco Lorandi, sul palcoscenico del Teatro ottocentesco di Buti (Pisa, 1992) da Nicola Micieli e nel 1989 a Montegrotto Terme in occasione del Premio Europa per il teatro.Nel 1988 Ugo Ronfani, direttore della rivista teatrale "Hystrío", le commissiona una serie di ritratti di attori e registi che vengono consegnati in occasione del Premio per il Teatro-Europa di Montegrotto Terme.I Ritratti eseguiti con la stessa tecnica degli Autoritratti, vengono poi pubblicati in copertina su "Hystrio" dal 1988 al 1996.
 


Camille Claudel, 1989

 



Viola d'amore 1993

 

 


La maschera e il teatro (part.), 1994

Nel 1989 realizza il ciclo "Omaggio a Camille Claudel", cinque sculture policrome dedicate alla vita e alle opere dell'artista francese. Presentate da Marco Lorandi alla Galleria "Schubert" (Milano,1990), esse diffondono la forza emozionale del rapporto con la madre appena scomparsa. Camille Claudel ripropone la metamorfosi dell'essere umano e della sedia, nel tragico momento della segregazione in manicomio dove la scultrice francese paga la propria ammirabile e coraggiosa disobbedienza allo stereotipo del suo genere, alle costrizioni d'ordine sociale e culturale del suo tempo.
Il ciclo "Omaggio a Goldoni" è stato realizzato nel 1992-93 su richiesta di Ugo Ronfani, presidente del Comitato Organizzativo per il Bicentenario della morte di Goldoni, ed è stato esposto in una mostra itinerante organizzata al Teatro Donizetti di Bergamo e al Teatro Goldoni di Venezia. Delle molte opere goldoniane, vengono scelte per la traduzione plastica: La locandiera, Le smanie della villeggiatura, L'amante di sé stesso, Il Molière, La soubrette femme d'esprit.
La mostra "Stupor Mundi: un retablo e altre storie" allestita nella ex Chiesa della Maddalena (Bergamo,1993) e curata da Marco Lorandi, è stata una importante antologica che ha riassunto la produzione dal 1979 al 1993 con una suggestiva installazione che raggruppava I Reliquiari della memoria, gli Autoritratti con la citazione colta e alcune sculture scelte tra i cicli sopra menzionati.
Rossana Bossaglia nella presentazione all'allestimento "Latrinae. Viaggio poetico in un mondo non poetico", realizzato con l'artista Amerigo Carella alla Galleria "Schubert" (Milano,1995), sottolinea la vocazione al surreale dell'artista e la dimensione dell'ambiguità sempre esistente nelle sue opere.
Le fibre ottiche diventano il nuovo materiale usato per i Vuoti a rendere: sculture fruibili frontalmente e costruite dentro piccole casse di vino dove, il marchio, il calco dal vivo, la luce della fibra ottica e la trascrizione di personaggi legati alla simbologia alchemica come l'Archigallo, creano un paradosso iconico. Alfonso Panzetta presenta queste opere alla Galleria "En Plein Air" (Pinerolo,1996) con un'ampia monografia dell'artista edita da Umberto Allemandi e comprendente la produzione scultorea dal 1985 al 1996. I Vuoti a rendere vengono poi esposti a Villa Bottoni (Migliarino, FE,1999).
Partecipa alla collettiva "Fascinosum et Tremendum" curata da Maria Censi e Alfonso Panzetta con l'opera l'Evento (dal ciclo Annunciazione) presentata al Museo Sandro Parmeggiani (Renazzo, FE,1997), alla Chiesa di Cennano (Montevarchi, AR, 1998) e a Palazzo Bricherasio (Torino,1998).
Del 1999 è l'antologica allestita in Palazzo Moroni a Bergamo in occasione dell'apertura delle dimore storiche; dello stesso anno è la Centaura, un'opera in resina poliestere e mosaico, ultimata per il simposio di scultura contemporanea organizzato da Alfonso Panzetta nel Parco Nazionale le Vallette (Ostellato, FE, 1999).
Dopo la morte del marito, fedele compagno e insostituibile collaboratore nella ricerca di nuovi materiali, progetta di dedicargli una mostra ispirata al tema dell'Angelo, quale trasposizione poetica e simbolica di una realtà perduta. Il lavoro si protrae per alcuni anni, e soltanto nel 2005, grazie all'interessamento della Prof. Cristina Rodeschini Galati, direttore della Gamec di Bergamo, le opere prodotte trovano una sede espositiva idonea e suggestiva al Teatro Sociale di Città Alta. La mostra, dal titolo "Angeli e Diavoli", si avvale della straordinaria presenza di Enrico Colombotto Rosso e riscuote un notevole successo di visitatori. Nel 2000 tiene una mostra personale al Museo Parmeggiani (Renazzo di Cento FE), esponendo opere prodotte nell'arco di venti anni. L'installazione, più tardi acquisita dal Museo D'Arte Delle Generazioni Italiane del 900, viene presentata nel novembre del 2005 in occasione dell'inaugurazione del Nuovo Museo (Pieve di Cento).
Nello stesso anno partecipa a una collettiva di rilievo nazionale, dal titolo "Vanitas vanitatum. Et omnia vanitas", a cura di Maria Censi e Alfonso Panzetta. La mostra itinerante vedrà come prima sede i Chiostri della Basilica di S. Stefano a Bologna, in seguito il Museo Sandro Parmeggiani a Renazzo (FE), la Chiesa e il Chiostro di Cennano (FE), il Castello Malatestiano a Longiano (FC) e infine la Galleria d'arte Palazzotto Alemanno a Montevarchi (AR).
Nel 2001 partecipa alla prima edizione del "Rencontre Europeenne de sculture", patrocinata dalla città di Montauban e prende parte alla rassegna "Artissima" di Torino, con la Galleria Carlina, esponendo un allestimento dal titolo Quartetto per violoncello solo che vede l'utilizzo delle fibre ottiche quale metafora della corrispondenza tra luce e suono. Lo stesso allestimento, nel 2002, viene esposto alla Galleria d'arte di Bergamo, correlato da un testo critico di Arturo Schwarz e in seguito, sempre a Bergamo, nel cortile della Camera di Commercio in occasione della manifestazione settembrina "Notti di Luce".
Sempre nel 2001 tiene due importanti mostre personali: una alla Galleria Schubert (Milano) con opere in fibra ottica e alcune delle opere dedicate all'Angelo; l'altra, nei mesi estivi, a Palazzo Moroni (Bergamo) in occasione dell'apertura delle dimore storiche.
Nel 2002 partecipa al XXIX Premio Sulmona (Rassegna di arte Contemporanea), nel 2003 alla seconda edizione di "Rose's Choice" nel Museo Internazionale della Donna nell'Arte (Scontrone, AQ), e alla mostra "Sette amici, sette rose per Enrico Colombotto Rosso" in Villa Vidua (Conzano, AL). Nel 2006 prende parte insieme ad altri artisti bergamaschi all'esposizione "Una mostra tattile" (Bergamo, Chiesa di S. Agostino in Città-Alta), un'importante iniziativa dedicata ai non vedenti.
A Torino, sempre nel 2006, espone cinque opere per esterno (prodotte con diversi materiali quali la resina caricata con marmo, il mosaico, e il bronzo) alla rassegna dal titolo "La Leggerezza della Scultura", ospitata al Parco della Villa La Tesoriera.
Dalla Presidenza della Provincia di Bergamo riceve il "Premio Ulisse 2006" alla carriera artistica con la seguente motivazione ad opera della dott. Cristina Rodeschini Galati (Direttore della Gamec):
"È il valore della memoria a sostanziare il lavoro della scultrice disposta a scavare nelle profondità dell'inconscio per tentare di interpretare l'enigma. Si tratta di una memoria colta che, nel lasciarsi sfiorare da suggestioni surreali, le rielabora in evocazioni fantastiche sullo sfondo di un teatro magico. La conturbante allusività d'immagine, l'ironia come componente critica di analisi, la predilezione per il frammento sono i fondamenti di una poetica che intreccia coraggiosamente sensibilità e ragione, passato e futuro, emozione e tecnica".
Nel 2007 inizia a lavorare su un ciclo di opere di piccole dimensioni - in resina e materiali vari, quali collage grafici, fotografie, objets trouvés e altro - ispirate alla tragedia avvenuta a Beslan (Ossezia del Nord) nel settembre del 2004, dove morirono in una scuola 334 persone di cui 186 bambini. La mostra, dal titolo "Bambini di Beslan" itinerante, ha come prima sede la Casa Natale di Cesare Pavese (S. Stefano Belbo), quindi il Musarmo di Mombercelli e altre sedi.
Contemporaneamente produce una serie di libri in gesso (14 stazioni) ispirate alla Via Crucis, il cui protagonista è un bambino che inizia il difficile percorso della crescita attraverso le diverse tappe della sofferenza e termina con una sorta di resurrezione nel mondo degli adulti.
Nel 2007 al XI Premio Nazionale di Scultura Cesare Pavese riceve dal Cepam (Centro Pavesiano-Museo Casa Natale) il Premio speciale Giuria con la seguente motivazione: "I valori simbolici tipici della ricerca dell'autore si concretizzano in una figura tra passato e presente; originale l'accostamento dei materiali usati".

Dalle NOTE BIOGRAFICHE di Bruna Peroni